sabato 23 gennaio 2021

Seminario "Con gli occhi di un altro - Fotografia e storie personali"

Racconto della mia partecipazione al seminario "Con gli occhi di un altro - Fotografia e storie personali"


Bentornati sul blog.

Oggi torno per parlarvi della mia partecipazione al seminario "Con gli occhi di un altro - Fotografia e storie personali".

Il giorno 23 Gennaio è stata data a me e alla mia classe la possibilità di scegliere e prendere parte ad uno dei sei seminari proposti  dall'Università IUSVE con sede a Mestre e a Verona; un appuntamento che guarda al futuro, giungendo a conclusione del progetto di Educazione alla Cittadinanza Globale “NO ALLA GUERRA - per una società pacifica e inclusiva rispettosa dei diritti umani e della diversità fra i popoli”.

Gli insegnanti ci hanno proposto questa possibilità proprio per farci partecipare ad un'attività di Educazione civica, dandoci un forte spunto di riflessione e la possibilità di crescere dal punto di vista etico e sociale.

Questo evento è stata proprio la conclusione di un progetto più ampio sui temi della migrazione, della multiculturalità e della convivenza, derivato dalla collaborazione dell'Università IUSVE con Emergency, un'associazione umanitaria italiana, con ISMU, una fondazione incentrata sulla ricerca e sull'intervento per la trasformazione della società, e con la casa editrice Tunuè.

Il tutto è stato organizzato online, vista la situazione Covid-19.

La mattinata cominciava alle 09:30 con una breve introduzione al progetto durante una sessione planetaria su YouTube, per poi proseguire indirizzando ognuno di noi ad un workshop su Zoom che, tramite un link, ci proiettava in una stanza adibita alla trattazione di uno dei temi proposti.

Le sei proposte erano:

  • Il suono delle immagini – Video-making per il sociale;
  • Con gli occhi di un altro – Fotografia e storie personali;
  • Navigare i sogni – Dalla sceneggiatura al cortometraggio;
  • Lo sguardo in una matita - Visioni secondo il Graphic novel;
  • News per ogni schermo – MoJo, il mobile journalism;
  • Sfidiamo il social(e) – Prossima fermata Tik Tok.
La mia scelta è ricaduta sul seminario "Con gli occhi di un altro - Fotografia e storie personali", che mi suscitava curiosità la possibilità di poter raccontare delle storie che lasciassero il segno con una semplice fotografia.
Inoltre al terzo anno ho sperimentato in prima persona la realizzazione di fotografie, in quanto il mio indirizzo scolastico lo prevede; era quindi interessante ampliare le mie conoscenze con la testimonianza di un fotografo professionista che mi presentasse le sue tecniche e idee.

All'inizio , durante la sessione planetaria su YouTube, è stato presentato l'intero progetto ed evidenziato come la guerra porti conseguenze terribili, tra le quali cito la perdita di dignità delle popolazioni assoggettate a questa e come sia causata da fattori essenzialmente futili, tra i quali l'economia, la religione o il colore della pelle.
Tutti i partecipanti sono stati invitati a riflettere sull'importanza della promozione della pace e dell'impegno da parte di tutti di combattere per portare avanti una società inclusiva e rispettosa dei diritti di tutti.

E' proprio in questa fase che abbiamo avuto il piacere di ascoltare l'intervento di Laura Silvia Battaglia, giornalista documentarista specializzata soprattutto nei racconti inerenti alle situazioni del Medio Oriente, in particolar modo quelle di Iraq e Yemen.
Ha riportato la testimonianza diretta di storie da lei ascoltate in prima persona di individui che le hanno raccontato gli orrori subiti durante questi massacri.
Si è maggiormente soffermata sulla testimonianza di Tamam, giornalista locale (fixer) iracheno che, a causa "dell'uranio impoverito", ha perso molte persone a lui care. E' stato proprio a causa di questa sostanza, diffusa a causa dell'esplosione continua di bombe, che molti dei suoi cari si sono ammalati di leucemia.
E' nata da qui la sua volontà di voler studiare il fenomeno, intercettando testimonianze giornalistiche sull'inquinamento nucleare.
In quel momento decise di acquistare una telecamera e iniziare così a filmare la situazione per poter testimoniare le atrocità della guerra. Fu proprio così che arrivò a scoprire che in Iraq, a causa della leucemia, le morti infantili toccavano il 90%, dato spaventoso.
A questo punto però i suoi filmati divennero fonti scomode per il governo iracheno e la sua casa divenne oggetto di frequenti furti. Consapevole che questo sarebbe successo, Tamam si fece furbo e riuscì a salvare numerose copie delle sue ricerche, una delle quali, tramite un'intercettazione dello stesso Tamam, è riuscita ad arrivare proprio nelle mani di Emergency.

Ha quindi preso la parola proprio Rossella Miccio, presidente di Emergency, che ha evidenziato l'importanza dell'impegno, da parte dell'intera organizzazione, di aiutare persone come Tamam, definendo uguali diritti e dignità per tutti e ripudiando la guerra e le sue conseguenze con tutti gli strumenti possibili.
Infatti Emergency ritiene la guerra "una scelta e mai una priorità".
La guerra non distrugge solo l'ambiente, ma anche l'interno, distrugge il senso di "essere comunità", dona alle popolazioni un senso di precarietà. Sono proprio queste, secondo Emergency, le ferite più difficili da curare causate dalla guerra.

Ultimo intervento è stato quello fatto da Emanuele di Giorgi, rappresentante della casa editrice Tunuè.
Insieme ad Emergency ha ideato un bando di concorso per le scuole, permettendo a dei ragazzi di poter narrare liberamente tre momenti salienti del lungo viaggio di migrazioni che spesso si devono affrontare a causa dei conflitti.
Una volta scelti questi punti, sono poi stati elaborati e prodotti da un project leader. 
"I colori di una nuova vita" è il titolo del libro che riassume questo lavoro scrupoloso realizzato grazie a questa collaborazione tra la casa editrice e l'associazione Emergency.

Successivamente, al termine di questa importante introduzione, ognuno di noi si è potuto recare all'interno della camera Zoom di riferimento.

Io ho avuto così modo di di ascoltare Simone Cerio, inizialmente fotoreporter nel campo dell'editoria, ma poi specializzato nella creazione di documentari fotografici. 
E' proprio nel campo del visual journalism che, con i suoi progetti, ha vinto diversi premi dal 2014 al 2019.
Inizialmente ha introdotto alcuni tra i suoi migliori progetti, sottolineandoci l'importanza di partire sempre da un obiettivo da raggiungere.
Il primo progetto che ci ha presentato è stato quello dal titolo "Religo", realizzato tra il 2013 e il 2019. 
Questo progetto mi ha colpita molto in quanto con le sue fotografie ha raccontato parti della vita delle comunità LGBT cattoliche. 

Successivamente ci ha introdotto un suo progetto più recente, ancora in fase di svolgimento, dal titolo "Love Givers". Questo progetto verte sulla figura dell'"assistente sessuale", persona formata professionalmente nell'approccio a problemi di natura sessuale con persone diversamente abili, e di come questa figura non venga ancora riconosciuta come tale, a causa di preconcetti dettati dalla società.

Ha poi proiettato un paio di servizi fotografici da lui realizzati, in collaborazione con Emergency.

Il primo, dal titolo "when the others go away", realizzato a Kabul intorno al 2014; vera e propria testimonianza delle conseguenze della guerra sia sull'ambiente che sulle popolazioni. Per Simone è stata un'esperienza molto forte, in quanto ha dovuto dare testimonianza di condizioni umane tragiche.

Il secondo, invece, dal titolo "The Passage", narrava di come le comunità cattoliche abbiano reagito alla chiusura delle Chiese e, più in generale, dei luoghi di culto a causa della pandemia mondiale Covid-19.

Come si può facilmente dedurre, e come lui stesso ha effettivamente affermato, i suoi scatti vertono su temi forti, emozionanti, tra i quali l'identità di ciascun individuo, la spiritualità e soprattutto le relazioni, l'intermediazione tra esseri umani.

Simone ha pronunciato due frasi che, in particolare, mi hanno colpita.

La prima è che "la fotografia è lo spazio tra di noi". Questa frase faceva proprio riferimento al fatto che la macchina fotografica sia solo uno strumento, che però, nel momento dello scatto, diventa una sorta di annesso al corpo del fotografo, e non una gabbia.

La fotografia è in sostanza lo spazio, la relazione tra il fotografo e l'oggetto fotografato.

Secondo Simone, per potersi distinguere, occorre produrre un'idea che porti alla creazione di messaggi e alla riflessione. Per fare questo però è necessario lavorare in team, approcciandosi in modo critico al lavoro e cercando di identificarsi all'interno delle proprie proposte.

La seconda frase che mi ha particolarmente colpita è stata quella lui, al contrario di quanto pensava Aristotele, ha un approccio con coloro che lo ascoltano che si sintetizza in un vaso "mezzo pieno": ritiene infatti che ognuno di noi abbia già conoscenze di base su ogni argomento trattato e che quindi il suo compito sia solo quello di approfondire questi concetti.

Intervento che, a mio parere, ha lasciato un forte segno è stato quello di Mamadou Kouassi, uomo di 37 anni sbarcato in Italia 12 anni fa e proveniente dalla Costa d'Avorio.

Il suo viaggio "della speranza" è cominciato nel 2008, anno in cui il suo Paese d'origine era tormentato da continue guerre.

Proprio per sfuggire a questa vita, Mamadou ha intrapreso un viaggio durato 3 anni, incontrando numerosi ostacoli e dovendo attraversare diversi Paesi. Durante questa traversata ha svolto i lavori più umili, ha attraversato il deserto, vedendo morire accanto a lui molte persone e ha dovuto affrontare anche la prigionia; infatti, arrivato in Libia, Paese fortemente razzista, ha dovuto trascorrere molto tempo in prigione solo perché di pelle scura.

Una volta raggiunta l'Italia Mamadou poteva avere una carriera da calciatore, stroncata però dal fatto che non era in possesso di alcun permesso di soggiorno e che quindinon era detentore di alcun diritto.

E' proprio in Italia però che entra in contatto con l'associazione Emergency e si appassiona al tema dell'immigrazione, diventando un attivista. Nel 2011, grazie a motivi umanitari, riesce addirittura ad ottenere il tanto desiderato permesso di soggiorno.

Partecipa a molte manifestazioni spostandosi da Paese in Paese e rivendicando i diritti per gli immigrati.

Così come in precedenza aveva fatto Simone, anche Mamadou si sofferma parecchio sull'importanza dell'interazione e della condivisione tra esseri umani. Da quest'interazione è nato il progetto "Un giorno qualunque. Storie che ricominciano in Italia." che narra appunto di storie reali di migrazioni.

Prima di salutarci Mamadou ci ha fatto riflettere su quanto la piaga del razzismo sia ancora fortemente presente nel nostro Paese e di come questa debba essere curata con l'impegno di tutti; solo così potrà essere superata

Per realizzare questo post ho consultato le seguenti fonti:





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